Vedova Emilio

VEDOVA EMILIO

Biografia
Multipli
Nato a Venezia da una famiglia di artigiani-operai, inizia a lavorare in fabbrica, poi presso un fotografo e nella bottega di un decoratore. Il suo precoce ed appassionato interesse per il disegno e la pittura lo portano a lavorare intensamente da autodidatta fin dagli anni trenta, eseguendo schizzi veloci durante i suoi viaggi. Già in questa prima fase, tra la seconda metà degli anni trenta ed i primi anni quaranta, si confronta con la rappresentazione della realtà con un lavoro di sperimentazione e ricerca che porterà avanti per tutta la vita. I suoi tratti sono già veloci e nervosi, caratterizzando quello che rimarrà il suo stile inconfondibile. I suoi primi punti di riferimento vanno ricercati nella tradizione veneziana: l'ultima attività di Tiziano, Tintoretto, Guardi, ma inizia a studiare anche le opere di Rembrandt, Goya e Daumier. Un altro grande spunto in questi anni di formazione è costituito dall'architettura barocca veneziana, in particolare le chiese, che lo attrae particolarmente per il dinamismo delle linee, per il suo senso di instabilità, i giochi di luce e per il suo "tutto permesso". Frequenta una scuola libera di nudo a Firenze e ritrae personaggi popolari del quartiere San Frediano, dove ha i primi contatti con gli ambienti antifascisti. Tornato a Venezia vive un periodo di stenti, ma riesce ad ottenere uno studio-soffitta a Palazzo Carminati dall'Opera Bevilacqua La Masa che supporta gli artisti poveri. Nel 1940 espone nudi e nature morte alla Galleria Ongania a Venezia. Opera inizialmente in contatto con il gruppo di Corrente (1942-43), in cui collaborano anche Renato Guttuso e Renato Birolli. Partecipa tra il 1944 e il 1945 alla Resistenza a Roma e in seguito sulle colline piemontesi, dove nel corso di un rastrellamento rimane ferito. Nel 1946, a Milano, è tra i firmatari del manifesto “Oltre Guernica”. Nello stesso anno a Venezia è tra i fondatori della Nuova Secessione Italiana poi Fronte Nuovo delle Arti. In questi stessi anni realizza una serie di pastelli, in cui riversa il suo stato d'animo turbato dall'esperienza della guerra: in opere come Assalto alle prigioni e Incendio del villaggio inizia la deformazione dei soggetti rappresentati, che è qui ancora in una fase di transizione ma che poi maturerà fino ad arrivare alla formulazione del linguaggio astratto. Nel 1948 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia, edizione che vede il tramonto delle pratiche pittoriche del movimento Novecento. Nel 1952 una sala è interamente a lui dedicata e segna il passaggio dal geometrismo schematico alla spontaneità del segno, delle linee spezzate e dei fendenti. Nel 1949-1950, aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi, inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera Interno di fabbrica.