Bueno Antonio

BUENO ANTONIO

Biografia
Multipli
Nasce a Berlino nel 1918, figlio di genitori spagnoli, ha compiuto i suoi primi studi a Madrid, poi ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a Ginevra ed Ecole des Beaux-Arts di Parigi. Nel 1939 si è trasferito in Italia, stabilendosi con il fratello Xavier a Firenze. Nel 1956 espone alla Biennale di Venezia e l’anno dopo compie un lungo viaggio di studi negli Stati Uniti dove saranno allestite anche delle personali a New York e Los Angeles, a Londra e nel 1968 alla Biennale di Venezia alla quale seguono ripetuti inviti alla Quadriennale di Roma. Dopo varie esperienze giovanili prima figurative, poi astratte, si fa divulgatore negli anni cinquanta di una nuova figurazione con recupero di componenti metafisiche. A partire dagli anni Sessanta porta avanti, anche, ricerche sperimentali, in particolare nel campo della poesia visiva. I suoi temi più noti sono composizioni con figure femminili, nature morte con pipe o barattoli. Le sue opere appartengono a cicli pittorici ben noti e distinguibili, ciclo dei pittori della realtà, dalla tecnica quasi iperrealista, il ciclo metafisico degli anni ‘50, e quello dei “pupazzi” e marinaretti degli anni 70. È stato un artista ribelle, che non ha mai amato il conformismo e che ha fatto della sperimentazione una ragion d’essere. Molti lo hanno definito “quello dei bambolotti” per via dei volti paffuti delle sue figure, dall’aria un po’ imbambolata e dallo sguardo fisso e vuoto. Vedendo gli stupendi autoritratti e le nature morte degli anni ‘40, quello che rimanda di più, secondo noi, al suo amore per la pittura rinascimentale e fiamminga è il Ritratto di Sonia Bueno del 1948, che ricorda quella meticolosa, precisa pennellata, quella ricerca minuziosa ed infinita che vuol dire perfezione nei dettagli e dedizione al particolare. C’è una precisione che rasenta la perfezione, un modo di far pittura nuovo, ma usando modelli antichi, una rivisitazione del passato. Gli anni 50′ furono per Antonio Bueno la stagione delle “pipe”; scompare la figura umana, ma certe posizioni delle sue pipe possono evocare figure, spiriti umani, in una specie di compromesso tra figurazione e astrazione: come in Pipe del 1956, pipe non per fumare ma considerate “oggetti” da amare, toccare, scomporre, allineare in mille modi. Su un fondo rosso le pipe di gesso bianche spiccano eleganti e femminee. Questa parentesi neometafisica finirà presto perché un altro aspetto della sua ricerca si impone: il suo è un continuo bisogno di rinnovarsi e di ricominciare tutto da capo; in questo senso significativo è il passaggio dal quadro Cimitero di pipe alla serie di Impronte degli anni ‘60. Secondo Bueno, l’opera, se da una parte vuol dare un messaggio (in)diretto a quel commercio che gallerie e critici fanno dell’arte per cui un artista viene creato, portato ed imposto, dall’altra vuol dire che in qualche modo l’artista si deve piegare alle richieste del mondo, quello che dà grande importanza all’apparire, al mostrarsi. Ricordo che, non a caso, a Bueno mancò sempre un critico che si adoperasse fino in fondo per promuoverlo al grande pubblico; lasciò il “Gruppo ‘70 e così l’avanguardia. Il 1969 segna il  ritorno alla figurazione, con pitture dall’artista chiamate “neokitsch”, “neopassatiste”, “neoromantiche”, lo riporta soprattutto al ritratto. Bueno vi si dedica incessantemente, con quel suo caratteristico ed inconfondibile stile che lo accompagnerà per sempre. Uno stile difficile da definire: gentile, garbato, fine, aggraziato, pulito, accurato; è forse un voluto ritorno alla semplicità, alla purezza? La moltitudine di personaggi, dal torero al carabiniere (e ci viene in mente subito che potrebbe essere il carabiniere di Pinocchio), dalla pianista, alla fanciulla bionda, all’indovina e il pompiere, e ancora il pompiere e la Venere di Tiziano, al marinaretto pel di carota, fino ad arrivare alle serie di minimuseo, ne sono una conferma.